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CURIOSITA' E LEGGENDE SALENTINE
San Pietro ed il Santuario del Paradiso |
Una gentile leggenda che si tramandano
gli abitanti del Capo (i "capuani"), vuole che San Pietro, proveniente
dall'Oriente, abbia toccato per la prima volta terra italiana
proprio dal Capo e che da qui abbia incominciato a predicare
il Vangelo alle genti italiche. E la leggenda vuole ancora che
nessuno possa entrare in Paradiso se non abbia compiuto il pellegrinaggio
al Santuario di Santa Maria del Capo: o da vivo o da morto.
Cosicché molte anime di buoni cristiani, che da vivi non hanno
potuto recarsi a questo Santuario, secondo la pia leggenda,
entrano e sostano in preghiera nella chiesa di Maria, prima
di volare in cielo.
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Il francesce Paul Bourget |
Sul Barocco leccese sono state scritte
molte pagine. Lo scrittore francese Paul Bourget, nel suo libro
"Sensations d'Italie", ha lasciato scritto: "Prima d'esser venuto
qui, io non attribuivo ai termini di Barocco e di rococò che
un senso di antipatia e di pretesa. Lecce mi ha rivelato che
essi possono anche essere sinonimi di fantasia leggera, di folle
eleganza e di garbo raro". L'amministrazione civica, grata a
questo scrittore che tanto felicemente aveva saputo apprezzare
l'arte dei monumenti di Lecce, gli dedicò una targa in bronzo
sulla facciata del Palazzo di città.
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La nascita della cartapesta |
I lavori di cartapesta sono forse l'aspetto
principale dell'artigianato leccese. Il primo esempio di questa
caratteristica attività fu la statua di San Lorenzo che l'artigiano
leccese Pietro Sorgente eseguì nel 1782 per la chiesa di Lizzanello.
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I "Trudwi" |
Una viva suggestione destano, a chiunque
percorre la Penisola Salentina, alcuni edifici che perpetuano
un'antica tradizione architettonica di questo angolo d'Italia,
dove -abbiamo già detto- il materiale da costruzione affiora
da quasi tutta la superficie del suolo. Sono le moderne abitazioni
campestri, in forma di cono tronco, costruite con pietre del
luogo, poste le une sulle altre senza cemento. Hanno un piccolo
ballatoio intorno alla base e una scala a chiocciola esterna
che conduce al comignolo. In Sardegna, dove sorgono identiche
forme, sono chiamati "nuraghi": qui li chiamano "trudwi", cioè
piccole torri, mentre nelle colonie greche del Salento sono
detti "chipuri", cioè case del giardiniere.
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La danza delle streghe |
I frastagliati bastioni rocciosi dell'estrema
propaggine pugliese, dove spumeggiano le acque adriatiche fondendosi
con quelle dello Ionio, hanno dato vita a molte leggende. Gli
argomenti sono quasi sempre drammatici, in sintonia con l'asprezza
dei luoghi, deserti per lunghi tratti e battuti in inverno da
venti di tempesta. Anche i fenomeni speleologici di questi litorali
hanno sollecitato nei secoli la fantasia popolare, che ha animato
caverne e anfratti di esseri fantastici e bizzarri. Si narrava
tra l'altro che nelle notti di tempesta da queste grotte uscissero
streghe scarmigliate, agitando fiaccole a ogni folgore balenante
sul mare. Chi osava avvicinarsi era costretto a ballare con
loro nell'uragano fino a morire.
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Il pianto del bambino |
Una leggenda, ancora assai diffusa, racconta
di una bella ragazza colpevole agli occhi dei suoi compaesani
di avere amato un giovane saraceno approdato durante una scorreria.
Ne aveva avuto un figlio, ma poco dopo il parto era impazzita.
Dopo aver allattato a lungo il neonato, perché nel regno dei
morti non patisse la fame, lo aveva scaraventato tra le onde.
Per notti e notti il vagito del figlio la chiamò dal mare in
burrasca, finché lei stessa non si gettò dalla scogliera. Per
questo, nelle notti ventose d'inverno, echeggia a Capo Leuca
il pianto di dolore del bambino accompagnato dalle grida di
rimorso della madre.
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La grotta Zinzulusa |
A lieto fine è invece la leggenda della grotta
Zinzulusa. Un crudele barone, padrone di quei luoghi, dopo aver
fatto morire di dolore la moglie, costringeva la pur amorevole
figlia a una vita di stenti, vestendola di stracci. Una fata
impietosita cambiò la sorte della fanciulla, dandola in sposa
a un principe. Le vesti cenciose, gettate al vento, andarono
a pietrificarsi all'ingresso di una grotta, nel cui interno
venne sprofondato il padre snaturato, facendo scaturire acque
provenienti dall'Inferno, il laghetto Cocito. I gamberetti marini
che, per loro sfortuna, avevano assistito a questi prodigi,
diventarono ciechi. E infatti nelle acque del Cocito vive un
piccolo e rarissimo crostaceo depigmentato e cieco, il Typhlocaris
salentino. Lungo fra i sette e gli otto centimetri, si orienta
tramite setole di senso disposte in doppia serie sulle sue tre
ultime paia di zampe.
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La chiave di San Donato |
Nel paese di San Donato si vende ancora,
nei giorni della festa patronale (5 e 6 agosto), la minuscola
chiave di stagno con l'immagine del santo, dal quale un tempo
gli ammalati di epilessia imploravano la guarigione. La chiave
di San Donato "apre" il cervello, liberandolo dal male.
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La pietrà della fertilità |
Una curiosa usanza, legata
a un rito di purificazione di origine pagana, si svolge il Lunedì
di Pasqua a Calmiera, non lontana da Lecce, nella piccola cappella
campestre dedicata a San Vito. Oggi in modo scherzoso, ma un
tempo con la massima devozione, uomini e donne devono passare
attraverso il foro della grossa "pietra della fertilità" infissa
nel terreno, impresa non facile per i più robusti. Questo rito
assicura buona salute e soprattutto la nascita di figli, la
ricchezza del contadino antico. |
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